“In quella vita in cui il tuo corpo non si arrende, è vergognoso che sia l’anima ad arrendersi per prima” (Marco Aurelio, Pensieri-29)
Come Marco Aurelio, l’imperatore filosofo, anch’io penso che il nostro Sé sia dotato di un corpo forte, tenace e che possegga un’anima spesso non altrettanto coriacea.
Chiunque abbia un minimo di esperienza ospedaliera avrà in mente corsie piene di corpi (perlopiù anziani) apparentemente disfatti ma che in realtà, pur subendo insulti dalla malattia, dai farmaci, dalle manovre mediche, si attaccano ostinatamente alla vita e spesso sopravvivono contro ogni previsione, mentre le anime (in senso di psiche/mente) hanno disertato da tempo.
In questo articolo tenterò di esprimere e restituire il disagio di un operatore psicologo-psicoterapeuta che da anni utilizza l’approccio evoluzionista/paleo/funzionale per la propria salute, ma che fatica a tradurre in chiave psicoterapica e relazionale i dettami dell’alimentazione evolutiva.
Detto tra noi: vorrei tanto che il paradigma Paleo/Evo/funzionale, cui alcuni di noi sono debitori in termini di salute fisica, funzionasse altrettanto bene per la “salute mentale”, ma ho le perplessità che troverete a seguire.
Sono stato promotore anni fa del
primo sondaggio italiano sui benefici della Paleo alimentazione, quindi non sono un detrattore o un concorrente, ma come psicoterapeuta sono un appassionato con tanti dubbi. Di più, sono convinto che ciò che passa per gli intestini è necessario ma grandemente insufficiente alla salute mentale, a meno che non intervenga l’altro grande nutrimento per il sistema mente-cervello: le relazioni interpersonali.
Quando poi ho cominciato a vedere articoli e post sui social di medici/nutrizionisti/coach ecc. che alludevano o affermavano guarigioni o cure antidepressive attraverso la sola alimentazione o con integrazioni di un qualche tipo, ho capito che era il momento di ridefinire il campo di lavoro, anche e soprattutto per non svilire un’acquisizione scientifica che io stesso, nel mio piccolissimo, avevo partecipato a diffondere.
Fino a che punto ha senso ispirarci al modello dei nostri progenitori?
Mi spiego meglio: se ipotizziamo che è possibile approssimare la nostra alimentazione ad un gruppo primitivo di circa 30/40 individui (che vive cioè in accordo alla natura del proprio DNA da milioni di anni, cibandosi di quello che trova nel suo ambiente, dormendo col buio e vegliando con la luce) e tentiamo di modellare la loro nutrizione (l’ambiente è ormai perduto nella notte dei tempi) e lo facciamo seppur con qualche fatica nella nostra società di milioni di individui che vivono “connessi” 24h l’uno all’altro, l’ipotesi non risulta così assurda e bizzarra come pare a prima vista.
Prova ne è il successo e i numerosi studi scientifici che dimostrano come un alimentazione priva di cibi raffinati, emendata da eccesso di zucchero e arricchita di proteine e grassi di animali grass fed, produca un netto miglioramento della salute, la salute “misurabile”, quella che scaturisce dai fogli che vi rilascia l’Istituto d’Analisi medica dopo una rapida donazione di sangue, urine, ecc.
Ipotizziamo poi che questo schema (mangiare come il gruppo di 30/40 primitivi) funzioni altrettanto bene per quella che chiamiamo “salute mentale”. In questa seconda ipotesi mi trovo di fronte ad un bivio:
- Chiudiamo gli studi di psichiatria, psicoterapia e psicologia, i reparti psichiatrici compreso quello criminale, le case famiglia per “disagiati”, una fetta (meno di quello che si crede) delle industrie farmaceutiche, senza contare che probabilmente, scomparirebbe almeno un 50% del mercato mondiale di sostanze stupefacenti poiché è letteratura scientifica di sempre che l’abuso di sostanze sia legato in gran parte a un qualche disagio familiare/sociale ecc. Insomma se approssimo la mia nutrizione a quella dei miei antenati scompare la malattia ed il disagio mentale tout court, così come si è riequilibrata la glicemia e tanti altri parametri grazie a questa nutrizione. Io per primo vorrei tanto vedere uno studio, anche limitato, di questo genere in un qualunque reparto psichiatrico ospedaliero.
- Non è la cattiva alimentazione che crea/produce/struttura la malattia mentale (anzi, come vedremo la cattiva alimentazione al massimo è minima concausa e segue altre cause, tra cui proprio la malattia mentale) ma qualcos’altro.
Cos’è qualcos’altro? Quando le cose si fanno difficili io ho imparato a non cercare soluzioni e/o verità confezionate, magari da qualche Solone scientificamente accreditato. Faccio un altro tipo di operazione: metto insieme dati e cerco di farmi le domande appropriate.
Sappiamo un sacco di cose, abbiamo un sacco di dati, ma viviamo di scarsissimo discernimento.
Intanto sappiate una cosa: l’organizzazione mondiale per la sanità OMS definisce in poche righe il costrutto di salute mentale (vedi sotto). Sapete perché non fa la stessa cosa con il costrutto di malattia mentale?
Perché ci sarebbe voluta un’intera enciclopedia, perché fondamentalmente è impossibile, perché la malattia mentale è un terrificante intreccio di biologia, cultura e dinamiche sociostoricotemporali… Socrate oggi sarebbe curato in ospedale psichiatrico giudiziario per pedofilia, Freud sarebbe affidato al Sert di zona per abuso e spaccio di sostanze stupefacenti (si curava l’emicrania e la fobia sociale con forti dosi di cocaina). Tanto per fare due esempi.
Quindi prendiamo subito atto che se definire un rene o un fegato o un apparato circolatorio “malato” è relativamente semplice (si misura la sua deviazione dalla normalità) definire e parametrare un comportamento, una relazione, un’affettività, un sistema cognitivo, in definitiva persino una cultura, “malate”… non è altrettanto agevole e immediato.
Siamo o non siamo cani di Pavlov?
Quando nel 1904 Ivan Petrovic Pavlov vinse il Nobel per la fisiologia dei processi digestivi nel cane, non conosceva l’odierna definizione OMS della salute mentale: "uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali ed esercitare la propria funzione all’interno della società".
Tuttavia un paio di cosette le aveva già intuite: troppi stimoli e stimoli confusi/ambigui fanno danni enormi al sistema nervoso animale e umano.
Lo dimostrò con l’eleganza e la semplicità dei grandi scienziati: prese un cerchio ed un ellisse e insegnò ai cani a premere il bottone A se riconoscevano un cerchio, B se riconoscevano un ellisse. La risposta corretta produceva un premio, la risposta errata produceva una scossa elettrica!
Successivamente Pavlov fece in modo da rendere sempre più difficile e confuso, inclinando le figure geometriche di cerchio/ellisse, il riconoscimento dell’una e dell’altra figura, produsse cioè quello che lui chiamò stato di indecisione dovuto a stimolo ambiguo. Il cane diventava aggressivo, apatico, catatonico, non capiva più quale bottone premere ed era terrorizzato dalla paura della scossa elettrica… insomma per farla breve Pavlov aveva scoperto come mandare in tilt il cervello di un mammifero con un semplice esercizio di discernimento.
Le stesse “tecniche” così efficacemente protocollate da Pavlov sono oggi usate in svariate discipline e attività umane che vanno dalla tortura (destrutturare la psiche con privazione di sonno / isolamento spazio temporale / forti e improvvisi rumori / stimoli incomprensibili e ripetitivi / poliziotto buono e poliziotto cattivo - stimolo ambiguo - ecc.) alla pubblicità (associare qualcosa di perfettamente inutile come l’ultima bevanda alcolico/zuccherina a una splendida immagine di giovani sorridenti e alla moda cui tanti vorrebbero modellarsi - stimolo ambiguo) alla politica (un capo di governo vissuto dai più in modo materno/affabile/politically-correct bombarda con droni telecomandati un villaggio con uomini donne e bambini… come faccio a dire che è sbagliato se l’ha fatto Barack Obama così negro, così buono, così elegante? - stimolo ambiguo - uomo buono fa cosa cattiva???… Ma se Trump percepito come no-buono rispedisce a casa 5.000 messicani, ecco che il nostro sistema percettivo sa discernere il bene e il male! - stimolo chiaro - uomo cattivo fa cosa cattiva!).
Tutto ciò che crea confusione, ambiguità, incapacità decisionale mette in forte crisi il nostro piccolo povero ego di uomini occidentalizzati e ci rende preda di qualcuno o qualcosa. Diventiamo come i cani di Pavlov: aggressivi, depressi, ipercontrollati e sempre pronti a percepire un pericolo, con il Sistema Nervoso Autonomo perennemente sbilanciato a favore del Simpatico.
E questo con l’alimentazione, va da sé, ha poco a che fare.
E intanto il nostro gruppo di primitivi si è evoluto…
da così...
... a così
Proviamo a chiederci: cosa produce malattia mentale?
Vediamo di riflettere su quello che capita nella realtà con situazioni che qualunque clinico degno di questo appellativo registra quotidianamente nel suo studio:
- perdete il lavoro che era di vostro padre, che era di vostro nonno… ma son cambiati i tempi… lo perdete
- vostro padre rientra ubriaco e vi picchia tutte le sere, vostra madre dice che non è cattivo ma solo confuso, poverino…
- siete un immigrato costretto a lavorare 12 ore al giorno in un paese di cui non capite lingua, uso e costumi
- vostra madre è una donna fantastica, superfiga e inarrivabile (piace tanto a papà) e voi non avete altro modo di farvi notare (da papà) che costruirvi una bella carriera da anoressica… ci riuscite ma, porca puttana, vi mandano al Gaslini di Genova, vi curano, rinciccionite e recuperate il ciclo mestruale… per dispetto due mesi più tardi svilupperete sessualità promiscua, abuso di alcol e finirete in cura da un tizio che vi abbuffa di litio manco foste una batteria di ultima generazione
- vostra madre (un’altra, non quella superfiga) è malinconica dalla mattina alla sera e gira per casa in vestaglia di pile e ciabatte, ha già superato con insuccesso il quarto tentativo di suicidio, voi avete preso 8 in matematica ma lei vi guarda come si guarda il tappetino del bagno che non viene messo in lavatrice da almeno 2 mesi
- vostro fratello è ingegnere, guadagna 6 mila euro al mese ed è adorato da mamma papà e tutto il circondario, voi, poiché somigliate ad uno zio antipatico che tra l’altro non avete mai conosciuto, venite designato come il cretino del gregge e finite per passare il tempo nel circolo ricreativo sotto casa e a farvi le canne
- siete in una famiglia in cui non avete mai, dico mai, manco per sbaglio, visto un gesto o udito una parola affettuosa tra i due umani che vi hanno messo al mondo, i quali, più facilmente ringhiano o sbraitano piuttosto che parlare, la mamma pratica come sport la costante e pedissequa svalutazione della figura paterna, il babbo ha praticamente la testa di un dodicenne e passa la vita tra partite di calcio e fallimenti societari dando la colpa a questo mondo di merda che prima non era mica così… a 15 siete già scappati di casa due volte, a 16 avete un paio di denunce per danneggiamento e spaccio di sostanze, a 18 verrete messo in cura dallo psichiatra con una batteria di farmaci di ultima generazione che… eh si signora, il ragazzo dovrà prenderli tutta la vita poiché queste personalità gravemente destrutturate abbisognano ecc. ecc.
Ok, quelle sopra sono situazioni “malate”, ma… pensate che le suddette circostanze dipendano da:
- un qualche squilibrio chimico cerebrale riconducibile a genetica/tare ereditarie, nutrizione errata, tossine varie, virus/batteri?
- relazioni e transazioni umane confuse e prive di un senso intelligibile al soggetto?
- scie chimiche?
Allora, se avete risposto C non chiedete la mia amicizia su Facebook.
Se vi siete soffermati su A, caspita… potreste anche avere ragione, peccato che il fantomatico riequilibrio chimico/farmacologico non funzioni quasi mai in quelle circostanze (lo dice il Lancet e lo conferma l’economist più sotto)… ho detto ”quasi mai”? Infatti in alcuni casi, ad esempio, i serotoninergici un qualche sollievo lo danno, ma è altrettanto vero che gli stati depressivi son tanti e complessi e… udite udite, spesso remissionano da soli anche senza farmaci (magari perché uno dei soggetti menzionati sopra “escono dal sistema familiare”) oppure vanno avanti e peggiorano anche coi farmaci. Insomma, difficile trarre una parola definitiva.
E l’ansia?… Già, ci sono persone che da anni, decenni, prendono benzodiazepine e stanno “un po’ meglio”… Ora, trascurando il fatto che i danni per i reni, il fegato e il sistema nervoso centrale a opera delle benzodiazepine sono massivi e stradimostrati fin dagli anni ‘60 dello scorso secolo, nel frattempo tali individui rinunciano a praticamente metà della loro potenzialità vitale e, per dirla con la definizione OMS, a metà delle proprie capacità cognitive o emozionali e a esercitare la propria funzione all’interno della società.
Mettono in atto cioè una modalità di funzionamento ridotta, gli esperti la chiamano evitamento, limitano cioè al minimo ogni stimolo ansiogeno, da loro percepito come produttore di angoscia, che sia un esame di stato o una fila alla cassa del supermercato… eh che successone il riequilibrio farmacologico eh?
In definitiva: se l’ansia è la risultante di un velenoso cocktail di stimoli ambigui e paralizzanti e di relazioni (disadattive) tra esseri umani (famiglia/scuola/società/lavoro ecc.) ha senso intervenire con la chimica, farmaceutica o alimentare che sia?
Sapete come faceva Pavlov a “riequilibrare/curare” i cani catatonici e nevrotici dopo averli confusi? Azzerava la confusione, ricominciava da capo con stimoli chiari e semplici: se sbagli ti punisco, se azzecchi ti premio.
“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno!” (dal discorso della montagna – Vangelo secondo Matteo)
E allora diamo la caccia al Maligno
Ma chi e che cosa è “maligno”, cioè produttore di confusione/malattia mentale?
Lo zucchero e la caseina? Il glutine? I metalli pesanti nelle amalgame dentarie o nel tonno in scatola? Il cibo raffinato in genere?
Certo che si, anzi no, anzi forse… di nuovo, con la “malattia mentale” i conti non tornano. Non vorrei citare quadernate di antropologi e studiosi vari che hanno riscontrato schizofrenia, psicosi, disturbi d’ansia e depressione tra i primitivi… uno per tutti: Gregory Bateson ha tratto la sua teoria del “doppio legame” (schizofrenogeno) proprio dall’osservazione dei cacciatori raccoglitori.
Buoni, non sto smontando il mito dei “cacciatori raccoglitori”, sto affermando una realtà un filino più complessa.
Avete presente quei fighissimi studi che riportano come in quel paesino della Sardegna ci siano centenari e centenarie che a 102 anni ancora sgozzano gli agnellini e vanno a spaccar legna per il camino? Un certo tipo di studioso fa una semplice (troppo semplice) deduzione: mangiamo come loro e campiamo cent’anni pure noi… et voilà!
E quello studio così carino su quell’isoletta nipponica dove le donne non si ammalano mai di carcinoma mammario e gli uomini c’hanno una prostata che manco un vent’enne? Anche qui semplice (troppo): mangiamo come loro e vaffantasca all’oncologo…o no?
Mangiando come loro sicuramente migliorano alcuni parametri fisico/chimici ma… i disturbi mentali migliorano?
Anche qui non ho verità in tasca, faccio una semplice osservazione: siamo sicuri che nel paesino sardo o sull’isoletta giapponese ci sia la stessa percentuale di stimoli ambigui, confusione, alienazione, evitamento sociale ecc. che troviamo a Tokio o a Milano?
Per come la vedo io oggi non possiamo più permetterci di vivere e relazionarci (mangiare possiamo tentare) come fossimo in un gruppo umano di 30/40 individui. Il Neolitico tecnologico e occidentalizzato, iperstimolante e denso di relazioni quasi mai chiare e leggibili, ci ha vinti e posseduti, non possiamo che sperare in una prossima era… ma quale?
E ora, signore e signori… la Scienza con la “S” maiuscola
Vi avevo promesso domande (perplessità) e dati… passiamo ai dati sperando in una parola definitiva, andando a spulciare i lavori di quelli bravi e titolati, quelli di Harvard, quelli dell’Economist, quelli dell’Epa (European Psychiatric Association), quelli del Lancet… insomma quelli lì.
Vi avevo promesso domande (perplessità) e dati… passiamo ai dati sperando in una parola definitiva, andando a spulciare i lavori di quelli bravi e titolati, quelli di Harvard, quelli dell’Economist, quelli dell’Epa (European Psychiatric Association), quelli del Lancet… insomma quelli lì.
Nel 2015 accade qualcosa di fondamentale nel campo della medicina nutrizionale e della psichiatria. Mi sarei aspettato un botto in campo psicologico/psichiatrico/neurologico paragonabile all’effetto che l’articolo di Watson e Crick sulla struttura molecolare degli acidi nucleici ebbe nel 1953 nelle discipline genetiche… invece a tutt’oggi, manco una citazione, un’eco, un puff.
Il Lancet in Nutritional medicine as mainstream in psychiatry- J.Sarris (volume 2, issue 3, P271-274, march 01, 2015) sostiene che i risultati della moderna farmacopea sui disturbi mentali sono a dir poco modesti (il Lancet!!!) e che invece risultano sempre più evidenze a favore di un alimentazione che preveda l’adeguato apporto di grassi acidi, omega 3, zinco, amminoacidi essenziali e integrazioni di vitamina D (for optimum performance, the human brain “needs an adequate intake of key nutrients, such as polyunsaturated fatty acids Omega-3, essential amino acids, B-group vitamins (B12 and folate), vitamin D and minerals like zinc, magnesium and iron”… leggetevi l’articolo e vedrete se l’alimentazione sottintesa somiglia alla vegana, alla mediterranea o alla nostra Paleo)… tanto che: la dieta oggi è importante per la psichiatria esattamente come lo è per la cardiologia, l’endocrinologia, la gastroenterologia, ecc.
Son passati 3 anni da quell’articolo e… niente, siamo ancora nell’era del Valium, del Litio e del Prozac.
Sempre nel 2015 l’economist John Prideaux (
Mental illness: The age of unreason) che magari di scienze alimentari non capisce granché, ma sicuramente in geopolitica ed economia qualcosa la insegna, sostiene (leggete l’articolo per intero, occorrono mesi di lavoro per compattare dati e analisi di tale portata) che, secondo un rapporto dell’
Harvard School of Public Health e del
World Economic Forum, tra il 2011 e il 2030 il costo delle malattie mentali in tutto il mondo sarà di oltre 16 trilioni di dollari in termini di mancata produzione, più di patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete.
Capito l’antifona? 16 trilioni di dollari in termini di mancata produzione, più di patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete!
Nei paesi ad alto reddito, cioè noi!!!… E i farmaci servono a poco, diceva il Lancet sopra.
Ancora dati… l’Epa (Congresso dell’associazione Europea di Psichiatria): 164 milioni di europei (38,2% della popolazione) hanno una qualche forma di disturbo mentale, solo uno su 3 riceve cure e non sempre specialistiche.
Osservazione di un titolatissimo membro italiano del congresso (evito il nome): “Sicuramente un impatto importante ha avuto negli ultimi anni la crisi economica, che ha portato ad uno scadimento della qualità della vita e un aumento della disoccupazione. La conseguenza è stato appunto il forte aumento del consumo di alcol, della depressione e dei disturbi da panico. Sotto accusa però finisce anche uno dei tratti peculiari della società moderna: la velocità dei cambiamenti nel mondo globalizzato. Alle persone è chiesto di far fronte a un numero sempre maggiore di cambiamenti rapidi, sul lavoro, nella vita, nell’adattamento alle nuove tecnologie”. Nessun cenno all’alimentazione!!!
E allora? Chi ha ragione? Gli Psichiatri dell’Epa che danno la colpa al mondo globalizzato? Gli psichiatri del Lancet che danno la colpa alla mancata integrazione di zinco e omega 3? O magari l’economist esagera coi suoi dati apocalittici sul futuro della salute mentale?
Conclusioni
Io non le ho le conclusioni, accetto anzi i miei dubbi e le mie perplessità, qualche idea me la sarei anche fatta a forza di ricevere in studio persone disturbate a vario livello, ma …facciamo così:
A quelli che… La dieta non conta un tubo nei disturbi mentali.
Dico che sbagliano, perché se i dati clinici mi dicono che fegato, reni e cuore stanno meglio con una determinata alimentazione, quanto meno tenterei di approssimare quell’ammasso di acqua e grasso chiamato cervello ad un qualsiasi altro organo del corpo… visto mai si senta un tantino meglio anche lui?!
A quelli che… La dieta è fondamentale per la salute mentale (ammetto che son quelli a me più simpatici).
Ricordo che è la psiche umana che riceve gli insulti peggiori, più dell’intestino, allontanandoci dal modus vivendi e operandi dei nostri progenitori!
L’Homo Sapiens è un animale diverso dagli altri. Pur se evoluto nella stessa natura degli altri, presenta alcuni “vizi di base”: pretende che la vita abbia un senso, si fa domande sul futuro, vuol sapere cosa c’è oltre l’orizzonte, fa la guerra per un’idea invece che per il territorio o per il cibo ed è creatore di infinite altre creature come le macchine o le opere d’arte ad esempio.
Togli senso a questo essere, rendi indecifrabile il suo ambiente, rendi difficili le sue relazioni interpersonali… e forse la sola dieta rischia di essere l’ennesimo traguardo di un marketing sempre più pervasivo e fine a se stesso.
Paolo De Donno
Psicolgo-psicoterapeuta
Iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia nel 1981 lascia al 4° anno, nonostante in pari con gli esami e i discreti risultati, per seguire la carriera imprenditoriale e in parte la sua passione per la composizione musicale al piano. Ma nel giro di una decina d'anni il destino chiama: conosce e inizia a praticare l'ipnosi, e riprende gli studi laureandosi in Psicologia Sperimentale col prof. David Burr (che nel 2001 aveva già nove pubblicazioni su Nature).
Ha conseguito un Master in Ipnosi Clinica al CIICS di Torino dove riceve il 1° premio per l'anno accademico 2005, a seguire una specializzazione in Psicoterapia Funzionale Corporea alla scuola di Luciano Rispoli che introduce e modifica in senso tutto italiano il vecchio approccio bioenergetico e ne struttura una sintesi particolarmente attenta alle Esperienze di Base del Sé e al Sistema Nervoso Autonomo.
Studio ospedaliero a Firenze, ospedale Santa Maria Nuova, in cui per la prima volta in Italia è stato dimostrato l'aumento di potenza della variabilità cardiaca dopo 10 sedute ipnotiche standardizzate secondo un preciso protocollo. Il protocollo creato da Paolo De Donno verrà in seguito adottato in un ospedale a Basilea ma abbandonato in Italia.
- Pubblicazione scientifica nella Rassegna di Psicoterapie. Ipnosi. Medicina. Psicosomatica e Psicopatologia Forense, a cura del prof. Vincenzo Mastronardi - Sapienza di Roma.
- Studio al S. Raffaele di Milano al seguito del prof. Claudio De Sperati per la ricerca di marcatori dello stato ipnotico attraverso lo studio dei movimenti oculari lenti e della corteccia occipitale.
- Comunicazioni specialistiche in vari congressi FADOI. Autore e ideatore del primo sondaggio italiano sui risultati dell'alimentazione evolutivo/funzionale. Attualmente opera nel suo studio privato a Firenze dove interviene prevalentemente sui disturbi ansioso/depressivi/comportamentali usando lo strumento dell'Ipnosi Clinica.
Bibliografia e Webgrafia essenziale
- “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi”, Watzlawick, P., Beavin, J. H., & Jackson, D.
- “Toward a theory of schizophrenia”, Bateson G., Jackson D.D., Haley J., Weakland J.
- Nutritional medicine as mainstream in psychiatry
- Mental illness: The age of unreason
- 300 – quelli del sondaggio Paleo
- 19th Congress EPA Section of Epidemiology and Social Psychiatry